Dopo quattro mesi di sacrifici, sforzi e preparazione rieccomi alla linea di partenza della “regina dellle distanze”: la maratona, segnatamente la Standard Chartered Singapore Marathon.
Dopo qualche problema durante la notte prima della gara mi presento alla linea di partenza alle 5 di mattina con l’idea di godermi il percorso senza forzare eccessivamente, ma pur sempre con la consapevolezza che la maratona non è una scampagnata domenicale, bensì una distanza che va affrontata con profondo rispetto.
Dopo una notte di piogge torrenziali, il clima presentava tutte le caratteristiche tipiche del periodo con temperatura attorno ai 28 gradi (alle 5 di mattina!) e l’aria satura di umidità. Insomma una bizzarra Pianura Padana nebbiosa di novembre con le temperature di agosto. Come avevo avuto modo di saggiare durante le altre gare “tropicali” a cui ho partecipato, il clima si prospettava ancora una volta come un’insidia aggiuntiva da tenere in debita considerazione.
La partenza della corsa è in Orchard Road, principale arteria dello shopping singaporiano, a due passi dal sontuoso albero di natale di Soo Kee, il più prezioso del mondo, fatto con 21’798 diamanti per un valore di 1’005’000 di dollari. Certo i circa 11’500 maratoneti sulla linea di partenza al momento dello sparo tutto hanno in mente fuorchè lo shopping. Dopo il via le gambe cominciano a girare e parto per l’avventura che mi porterà a tagliare il traguardo di fronte al City Hall dopo i fatidici 42,195 km.
La corsa è davvero panoramica e passa per gran parte dei luoghi più iconici di Singapore. I primi chilometri si snodano nel centro toccando China Town, i Clarke Quays e l’Esplanade Theatre, il fervente centro culturale di Singapore. Successivamente, dopo aver percorso il perimetro della baia di Marina South fino si passa sotto all’imponente Singapore Flyer, la seconda ruota panoramica più alta del mondo con i suoi 165 metri e ci si immette sulla griglia di partenza del gran premio di Formula 1 di Singapore calpenstando non senza un certa impressione la linea della pole.
Da questo punto si percorrono ben 20 km di lungomare ed è proprio qui che la stagione delle piogge torna a far sentire prepotentemente la sua presenza scaricando sui partecipanti una quarantina di minuti di pioggia torrenziale che mette a dura prova le energie e il morale proprio in corrispondenza del famigerato “muro” fiaccando un buon numero di atleti compreso in parte il sottoscritto.
Dopo aver lasciato la pioggia alle spalle (e sulle spalle), si percorre la diga del Marina Barriage, che separa le acque dolci del Marina Reservoir da quelle salate del mare aperto e si attraversa lo straordinario complesso del Gardens by the Bay, il parco naturale integrato di oltre un milione di metri quadri che ha contribuito a dare a Singapore l’appellativo di “City in a Garden” e se ne costeggia il Flower Dome, la serra in vetro più grande al mondo.
Con le ultime energie, dopo aver strizzato l’occhio al Marina Bay Sands e ai 150 metri della sua Infinity Pool sospesa a picco a 200 metri dal suolo si percorrono d’un fiato (nel vero senso della parola) gli ultimi 4 km che separano dal traguardo del City Hall e dal completamento dell’impresa.
Chiudo soffrendo in 836ima posizione in 4 ore e 18 minuti, un tempo che riflette totalmente le mie difficolta a correre una maratona in un clima tropicale a cui non sono ancora abituato, ma che non è troppo congeniale alla corsa nemmeno per gli altri atleti.
Ad ogni modo mi porto a casa il ricordo di una corsa davvero spettacolare per organizzazione e panorama che si merita totalmente la Golden Label della IAAF , la soddisfazione di poter dire ancora una volta “ce l’ho fatta” e la consapevolezza di essermi divertito come sempre nonostante la sofferenza, la fatica e i dolori. Come dice il mio amico Roberto: strana razza noi podisti!
Iacopo Trattenero